Se ti sei interrogato/a almeno una volta su che cosa sia la creatività, su quanto possa influire sul divenire di una persona e se sia fondamentale svilupparla o meno, questo libro fa al caso tuo.

Qui incontrerai i saggi di autori di rilievo nel mondo della psicologia, che hanno analizzato e riflettuto sulla creatività e che hanno saputo dare un profondo valore ai loro studi.

Attraverso la lettura di questo volume, sarai portato naturalmente a riflettere, ricercare ed attuare azioni educative che abbiano la creatività al loro centro.

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TRAMA

Nel secondo dopoguerra si registra, soprattutto negli Stati Uniti, uno sviluppo in campo scientifico, economico e sociale. Legata a questa espansione vi è una riflessione psicologica e pedagogica, che analizza le caratteristiche del popolo del tempo e lo definisce generalmente passivo e rigidamente tradizionalista.

Preso atto che questa tipologia di persone non può reggere alla complessità del mondo in divenire, vestito di numerose e nuove problematiche, si sviluppa un forte interesse nei confronti della Creatività.

Quest’ultima viene vista come risposta convincente alle questioni sociali, economiche e politiche, nonché come chiave di lettura e di volta per progettare e realizzare un futuro possibile e migliore.

RIASSUNTO

ERICH FROMM – L’ATTEGGIAMENTO CREATIVO

Secondo Fromm vi sono due significati riguardo alla creatività: uno è legato a quando si crea qualcosa di nuovo, che può essere visto e udito (ad esempio la creatività dell’artista), un altro è collegato all’atteggiamento, che è il presupposto necessario per creare. Quest’ultimo è un “atteggiamento creativo” o anche chiamato “creatività come elemento del carattere”.

Secondo l’autore la creatività è la capacità di vedere e di rispondere.

Fromm stila una serie di esempi pratici che fanno capire come le persone adulte siano ingannate dalle proprie proiezioni e distorsioni, che non permettono di vedere oggettivamente la realtà.

La tendenza è quella di dare un giudizio sommario e superficiale a ciò che vediamo, portando ad una astrazione superficiale, sommaria: questa è una forma di conoscenza marginale, che coincide con una condizione di indifferenza dei propri sentimenti verso l’altro.

Vedere l’altro da sé in modo creativo, al contrario, significa guardare con obiettività, ossia divenire consapevoli della realtà, sia esteriore che interiore, senza proiezioni o distorsioni.

In altre parole, una persona è in grado di compiere esperienze creative se riesce a vedere l’altro nella sua realtà completa. In questo processo creativo “l’osservatore e l’osservato diventano uno solo, pur rimanendo al tempo stesso due”.

Fromm elenca le condizioni necessarie all’atteggiamento creativo: è indispensabile possedere la capacità di essere perplessi (ossia di meravigliarsi), la capacità di concentrazione, l’esperienza dell’io, la capacità di accettare il conflitto e la tensione che emergono dalla polarità e la disposizione a nascere ogni giorno.

Al termine di questa riflessione, l’autore conferma che l’atteggiamento creativo è indispensabile ad ogni essere umano per poter affrontare la complessità della vita; altresì “educare alla creatività equivale a educare alla vita”.

ROLLO MAY – LA NATURA DELLA CREATIVITÀ

L’autore, prima di tutto, afferma che solo nell’ultimo periodo (riferito al suo periodo storico) si inizia a parlare in modo serio di creatività. Negli anni precedenti, infatti, le ricerche psicologiche sono state scarse ed inadeguate e la letteratura scientifica praticamente inesistente.

May si interroga sulla validità delle teorie psicologiche, sociologiche e psicanalitiche riguardanti la creatività: esse si occupano del processo creativo in quanto tale o affrontano la capacità creativa di compensare eventuali deficit presenti nella persona?

L’autore si dimostra abbastanza scettico verso la validità di queste teorie, poiché tendono a considerare la creatività come strumento compensativo piuttosto che elemento fondamentale e costituente di ogni individuo.

Nelle versioni psicoanalitiche più diffuse, per di più, si tende ad associare la creatività a problemi neurotici o altre malattie, riducendola ad essere spesso il prodotto di una neurosi.

Rollo May definisce la creatività come “un processo che dà vita a qualcosa di nuovo”, dove l’arte è autentica. Non si tratta di una caratteristica da far emergere ogni tanto, magari nel tempo libero, ma attraverso essa l’uomo normale si esprime nell’atto di realizzare se stesso, dando vita alla migliore versione di sé.

L’autore passa a descrivere le caratteristiche dell’atto creativo (sia per gli artisti che per gli scienziati). Innanzitutto esso è un INCONTRO con un’idea, un paesaggio da dipingere, una visione, un esperimento, un’attività di laboratorio.

Questo incontro può accadere grazie ad un atto di volontà, che è simbolo di impegno e determina la distinzione netta tra creatività autentica e creatività fasulla (“spuria”, di evasione).

Importante è anche la distinzione che viene fatta tra talento e creatività: il primo è una dote che può essere messa a frutto oppure no, la seconda è visibile nell’atto.

Il secondo elemento è costituito dall’INTENSITÀ dell’INCONTRO, ossia dall’essere totalmente immersi e concentrati nell’atto creativo, tanto da registrare delle alterazioni neurologiche. Questa condizione di totale immersione porta l’individuo ad un livello altro di consapevolezza, che permette poi alla creatività di procedere “con intensità più o meno accentuata, su livelli che non sono sottoposti al controllo diretto della volontà conscia”.

L’ultimo elemento risponde alla domanda: Con che cosa avviene questo incontro?

Secondo l’autore l’INCONTRO INTENSO e CREATIVO è FRA L’ARTISTA/SCIENZIATO e IL SUO MONDO. “L’opera di qualsiasi pittore veramente creativo – ad esempio – illustra in quale maniera l’artista affronti il proprio mondo”.

Ciò che si legge in un’opera d’arte non è soltanto l’oggetto rappresentato, dunque, ne emerge anche la condizione psicologica, emotiva, sociale dell’autore e di tutti gli uomini che hanno vissuto in quel preciso periodo storico.

la creatività

CARL R. ROGERS – PER UNA TEORIA DELLA CREATIVITÀ

Rogers inizia il suo scritto affermando il bisogno urgente della società di comportamenti creativi di individui creativi. È dunque necessario delineare una teoria della creatività, che faccia da guida a nuove e proficue ricerche in tale campo.

Numerose sono le critiche rivolte alla società attuale (riferita al periodo in cui scrive Rogers), che presenta una carenza di creatività: conformismo, stereotipi, passività, incapacità di adattamento nei gruppi sociali porteranno all’annientamento internazionale.

Cosa si può fare?

È necessario definire il processo creativo in base agli elementi che lo costituiscono.

Innanzitutto deve esserci qualcosa di osservabile; il processo creativo, quindi, porta alla realizzazione di un nuovo prodotto, che è il risultato della relazione tra l’individuo, la sua originalità, la sua capacità creativa, i materiali e gli strumenti e le circostanze che si presentano.

Le azioni creative possono essere “buone” o “cattive”: va specificato che inizialmente sono maggiori i giudizi negativi verso un’opera creativa che, con il tempo, si trasformano spesso nel loro opposto.

“Appare evidente che nessun contemporaneo è in grado di valutare in maniera soddisfacente un prodotto creativo nel momento stesso in cui compare e questa affermazione è tanto più vera quanto più la creazione esce dagli schemi abituali”.

Creatività e motivazione sono strettamente correlate in quanto l’uomo tende verso la realizzazione di se stesso. Egli, quindi, è motivato ad esprimere il suo potenziale, usando l’atto creativo.

Vi sono tre condizioni interiori all’uomo che favoriscono l’atto creativo: essere aperti all’esperienza (estendibilità), possedere un luogo interiore di valutazione (il valore del prodotto viene determinato dalla persona stessa che lo crea), essere capaci di trastullarsi con gli elementi e i concetti (esplorare senza pregiudizi e rigidità). La creatività è costruttiva quando sono presenti le tre condizioni appena elencate.

L’atto creativo, inoltre, ha tre cause concomitanti: il sentimento dell’Eureka, l’ansia dell’isolamento e il desiderio di comunicare.

Secondo Rogers le condizioni di sicurezza e di libertà psicologiche permettono la massima espressione creativa.

La sicurezza psicologica si determina mediante tre processi: accettare l’individuo come un valore incondizionato, stabilire un clima senza valutazioni esterne, comprendere partecipando. La libertà psicologica, invece, consiste nel permettere all’individuo di pensare, sentire, essere liberamente in tutto il suo io, senza costrizioni e in maniera pienamente responsabile.

la creatività

ABRAHAM H. MASLOW – LA CREATIVITÀ NELL’INDIVIDUO CHE REALIZZA IL PROPRIO IO

Lo studioso apre il suo trattato descrivendo come la sua esperienza, fatta di incontri diversi di persone, lo abbia condotto a comprendere come il termine “creativo” abbia un significato molto più ampio di quello che la società contemporanea ritiene.

Egli, infatti, grazie alle sue ricerche, afferma che ha “imparato a definire ‘creativi’ molti prodotti diversi da quelli accettati convenzionalmente come tali”: saper arredare una casa in modo armonioso ed accogliente, saper curare ogni malato in maniera personalizzata ed efficace, saper organizzare un’attività commerciale fiorente sono tutte azioni intraprese con spirito creativo.

Maslow distingue la “creatività del talento fuori del comune” dalla “creatività dell’autorealizzazione”. Quest’ultima è tipica delle persone che sono creative nel realizzare se stesse, poiché esse sono capaci di vedere al di là degli stereotipi, delle credenze, delle aspettative e dei giudizi; esse sanno dare espressione alle idee con maggiore facilità e libertà.

La creatività autorealizzatrice è molto simile a quella dei bambini felici e sicuri; essa è una caratteristica fondamentale dell’essere umano , ma che, col passare del tempo, spesso viene sepolta mano a mano che l’uomo viene incastrato all’interno dei rigidi schemi della civiltà.

L’uomo che realizza se stesso è impavido, affronta l’ignoto e il mistero con tutto il suo essere, al fine di immergervisi dentro e trovare vie originali per uscirne o per comprenderli.

Egli, inoltre, riesce a fondere insieme in un’unità sensibile e dinamica delle dicotomie: egoismo/altruismo, cognizione/volizione, istinto/ragione, dovere/piacere, lavoro/divertimento, maturità/immaturità.

Le persone creative autorealizzatrici, che l’autore ha incontrato, possedevano tutte le stesse caratteristiche: erano più indipendenti, meno timorosi ed ostili, senza paura rispetto ai loro impulsi, pensieri ed emozioni. “Erano più disposti ad accettare se stessi di quanto non lo sia generalmente la media degli uomini”. In altre parole, la creatività di questi soggetti è strettamente correlata all’integrità e all’autoaccettazione.

In una ricerca successiva condotta dallo studioso riguardo all’ “esperienza al vertice”, egli giunge alla conclusione che i soggetti immersi in esperienze diverse hanno in comune l’unificazione di se stessi con il mondo, nonché l’accettazione e l’inclusione del proprio io più segreto.

Tutti questi individui sono capaci di stati temporanei di creatività autorealizzatrice.

MARGARET MEAD – LA CREATIVITÀ VISTA IN UNA PROSPETTIVA INTERCULTURALE

La studiosa indaga il problema della creatività individuale, la sua importanza per la sanità mentale e come viene affrontato in diverse civiltà.

Citando le sue ricerche sui Samoani, Margaret Mead rileva come essi non manifestino un bisogno impellente di creare per forza qualcosa di nuovo, che rompa uno schema rigido ed impositivo (tipico del mondo occidentale). Al contrario questa civiltà garantisce ai propri membri la sanità mentale, offrendo a tutti la possibilità di compiere, per un tempo contenuto, delle modeste variazioni alle azioni culturali: nel corso di una danza, intrecciando delle collane di fiori e di conchiglie, ecc. “I bambini e gli adulti samoani ritraggono un ininterrotto, piccolo piacere dalla vita e sono capaci di fare da spettatori, notte dopo notte, senza annoiarsi, a spettacoli che all’occhio di uno straniero si presentano piacevoli ma straordinariamente ripetitivi e tediosi”.

La studiosa, esaminando un numero cospicuo di disegni e prodotti di bambini e adulti di diverse civiltà, evidenzia come la libertà di espressione non sia direttamente proporzionale alla realizzazione di opere creative. Inoltre un impulso a fare qualcosa di nuovo deve essere incanalato in una forma e con un certo stile.

Esaminando il popolo a Samoa e quello a Bali, Mead rileva che entrambi danno importanza alle piccole innovazioni, inserite in uno schema ben definito. La differenza tra i due è che a Bali lo stile è molto più elaborato, perché prende elementi che sono contenuti in più tradizioni culturali.

La studiosa mette a confronto differenti popoli, le loro abitudini, la cultura, le attività ed esamina diversità e similitudini negli aspetti più o meno creativi, le eventuali frustrazioni e le manifestazioni psicologiche.

Margaret Mead conclude il suo scritto riflettendo sul fatto che creare un prodotto originale permette ad un individuo di rapportarsi con l’universo e la civiltà in cui vive.

In un contesto terapeutico o educativo questa azione creativa contribuisce ad un pieno sviluppo del soggetto, nonché della sua sanità mentale.

TEMI DEL LIBRO

  • Creatività
  • Creatività autentica vs creatività fasulla
  • Atteggiamento creativo
  • Educare alla creatività
  • Incontro
  • Intensità dell’incontro
  • Atto creativo come espressione del mondo
  • Motivazione e creatività
  • Sicurezza psicologica
  • Libertà psicologica
  • Creatività auto realizzatrice
  • Creatività e sanità mentale