Con questo articolo viaggerai con noi nelle foreste dell’America centrale, per fare visita alle tribù in cui abbiamo trovato, o piuttosto ri-trovato, la civiltà, l’umanità e la comunità, perdute da tempo nel nostro mondo “evoluto”.
Hai mai visto il film Io sono leggenda o la serie The walking dead? Hai mai giocato a The last of us?
Cos’hanno in comune secondo te?
Crediamo di poter affermare che, negli ultimi due anni, tutti ci siamo sentiti almeno una volta all’interno di un film post-apocalittico.
Una misteriosa pandemia che dilaga in tutto il mondo e che scatena il panico è uno dei temi più ricercati e amati dai registi. Ma mentre un film dura un paio d’ore, noi abbiamo segnato in modo indelebile sulla nostra pelle che cosa significa vivere questa esperienza per più di due anni.
Se dovessimo fare un elenco di parole che ci vengono in mente legate a questo periodo, forse non finiremmo mai. Possiamo, però, cominciare noi e, se ti va, puoi continuare ad esternare con la tua voce quello che ti esce dal cuore.
Ansia, preoccupazione, rabbia, paura, assuefazione, noia, abbandono, isolamento, solitudine, tempo, lontananza, nostalgia, speranza …
“Ne usciremo più forti ed uniti di prima” è stato uno dei cavalli di battaglia durante i lockdown. Ma, provando a rifletterci un attimo, quanto eravamo uniti prima della pandemia? Quanto potevamo contare gli uni sugli altri?
Noi, per esempio, avvertivamo già da molto tempo, nella nostra quotidianità, un lento e costante sgretolamento del tessuto sociale, che mantiene in vita una comunità.
Proviamo a spiegare con un esempio pratico quando esiste un buon tessuto sociale nel luogo in cui si vive.
Una tarda mattinata di circa quattro anni fa, stavamo tornando a casa in auto, dopo aver fatto la spesa. Proprio mentre stavamo imboccando una rotonda, la nostra automobile ha deciso di fermarsi, in mezzo al traffico dell’ora di punta.
A quel punto siamo scese e abbiamo iniziato a spingere l’auto verso il bordo della strada. All’ansia e alla fatica del momento, si è aggiunta un’orchestra di clacson che ci ha intonato una bella fanfara.
Ti immagini la scena? Eravamo tutto fuorché maestre yogi!
Quando oramai i nostri timpani stavano per raggiungere il punto del non ritorno e le nostre speranze di ricevere aiuto erano al pari di un piccolo lumino in fondo al tunnel, sono sbucati due gentiluomini che sono venuti in nostro soccorso.
Questa nostra esperienza ci ha fatto riflettere molto: gli automobilisti che sfrecciavano da tutti i lati e strombazzavano infastiditi rappresentano il grande strappo nel tessuto sociale, mentre i due signori che ci hanno aiutato sono le maglie ancora intrecciate che cercano di tenere in piedi una comunità.
Le due parti non sono in equilibrio.
Essendo l’essere umano un animale sociale, non si può pensare di vivere da soli, perché, prima o poi, la vita ti porta ad avere bisogno degli altri.
È tutto perduto? Lo strappo è troppo grande? L’uomo ha perso completamente il significato di vivere e di stare insieme?
Noi siamo convinte che nulla è perduto, “basta” riscoprire e diffondere nuovamente la bellezza e il senso profondo dell’essere parte attiva di una collettività.
Come fare? Non abbiamo ricette o formule magiche, ma, secondo noi, una buona strada può essere cercare i luoghi incontaminati in cui la comunità è viva e forte, immergersi in questa atmosfera, riscoprire l’energia vitale di ogni individuo che ne fa parte, farne tesoro e portare questa fiamma nel proprio territorio e nella propria quotidianità e riaccendere lo spirito, che da millenni tiene uniti gli uomini.
Vogliamo condividere con te quello che abbiamo imparato, visitando un villaggio situato in mezzo ad una foresta del Centro America.
Passando del tempo insieme al popolo degli Embera, abbiamo respirato il significato profondo dell’essere un elemento indispensabile all’interno del gruppo, dell’essere accolto e amato per le proprie caratteristiche individuali, che diventano risorsa per tutti.
Parlando con i nativi, ci siamo rese conto che ognuno di loro possiede una solida identità personale ed una eccellente identità sociale, sviluppate e consolidate giorno dopo giorno, vivendo insieme.
Per gli Embera l’ “Io” ha senso all’interno del “noi” e il “noi” non potrebbe esistere senza ogni singola individualità.
Un esempio pratico? Due sono le figure che rappresentano la saggezza e la conoscenza all’interno del villaggio: l’erborista e lo sciamano.
L’esperienza dell’erborista viene tramandata di generazione in generazione e la sua sapienza viene custodita e protetta, perché da essa dipende la salute di ogni membro del villaggio. Lo sciamano viene scelto dalla natura, perché solo quest’ultima sa riconoscere il cuore puro e la mente ricca di buoni intenti adatti a curare le malattie dello spirito umano.
Nonostante la grande saggezza e preparazione, l’uno ha bisogno dell’altro, poiché lo sciamano non può risolvere i problemi legati alle malattie fisiche e, viceversa, l’erborista non può creare una medicina che possa alleviare un’anima che soffre.
Chiudiamo questo articolo con una perla di saggezza che ci ricorderemo per sempre: ognuno di noi ha un buon cuore, è la mente che a volte può essere ingannevole e ci impedisce di trovare il senso profondo della nostra vita.
Quindi, in quale luogo risiedono veramente la civiltà, l’umanità e la comunità?