Non ti piacerebbe, a volte, far rinascere il bimbo che è in te?

Più cresciamo e più tendiamo a dimenticare che siamo stati tutti dei bambini, felici, spensierati e pieni di sorprese.

I bambini tendono ad osservare attentamente le persone: i gesti, le parole, i visi, i comportamenti.

E se ci bastasse re-imparare questa abilità per riuscire a capire ed entrare in relazione con gli altri?

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Cosa ti serve per scalare?

Ti è mai capitato di camminare per strada e di incrociare lo sguardo di un bambino? Quanto profondamente ti sei sentito “letto”?

Lo sguardo dei bambini non è come quello degli adulti: esso è diretto, sincero e sembra intuire di che pasta sei fatto, come se ti conoscesse da sempre.

Si dice, infatti, che bisognerebbe guardare il mondo attraverso gli occhi di un bambino ed è proprio questa abilità che, nel tempo, stiamo cercando anche noi di re-imparare.

Come ci si riesce?

In alcune tribù africane, saggio è colui che usa raramente le parole, osserva attentamente ciò che succede attorno a lui, ascolta e medita; quando viene consultato per risolvere dei problemi, si immedesima nelle persone che ha di fronte e, attraverso delle domande, cerca di “guidarli” nel trovare la soluzione migliore per loro stessi.

Potresti provare, in una delle situazioni quotidiane che vivi, a fare questo esercizio: comportati come se fossi dietro le quinte di un palcoscenico, osserva attentamente quello che vedi ( come si muovono le persone, ciò che dicono, come rispondono, quello che fanno, come si relazionano le une con le altre ecc.).

Prova ad “indossare le loro scarpe” e a camminarci dentro. Cerca di comprendere il perché delle loro intenzioni ed azioni.

Magari non basterà una sola volta e servirà un po’ di allenamento, ma ti possiamo garantire che si apriranno davanti ai tuoi occhi infiniti mondi inesplorati.

Il nostro intento è portarti con noi in una delle situazioni che abbiamo osservato proprio oggi, durante la passeggiata mattutina.

Un bambino dell’età di circa 3 anni guarda con occhi di sfida, mescolati a timore, un muretto di mattoni alto un vulcano e mezzo per lui, che in realtà misura circa un metro e mezzo.

Lo sguardo, i lineamenti del viso e la tensione del corpo dimostrano una grande concentrazione che serve per pensare, calcolare, prevedere e decidere di scalare il muro che il piccolo ha davanti. Prima di agire, però, guarda più volte l’adulto che ha vicino (scopriamo poi essere il padre). Lo scruta e, senza usare nessuna parola, “chiede” se può partire all’avventura e se lui lo accompagnerà nel viaggio.

Secondo te che cosa succede adesso? Le possibilità sono molte, qui ti riportiamo tre scenari significativi.

cosa ti serve per scalare?

Busta A

Il papà sembra spazientito. Distoglie lo sguardo da quello del figlio, si guarda in giro, muove nervosamente una gamba e un piede, come se il tempo gli stesse sfuggendo di mano, si rigira verso il bambino.

Quest’ultimo è ancora lì, con la sua domanda chiara e precisa, detta con gli occhi. A questo punto l’adulto sbuffa e gli fa cenno con la testa di provarci se proprio ci tiene e, contemporaneamente, mette le mani in tasca.

Il piccolo prende tutto il suo coraggio ed inizia la scalata … una, due, tre volte finché, cadendo ancora, si sbuccia le ginocchia. Piange e cerca con lo sguardo il padre, che lo solleva e lo porta via dicendogli che era sicuro che non ce l’avrebbe fatta perché ancora troppo piccolo.

Quali potrebbero essere le conseguenze?

Il bambino ha lasciato appeso a quel muro un mattone della sua sicurezza ed autostima; probabilmente, se vivrà altre esperienze simili, imparerà che da solo non potrà mai farcela, che l’adulto non sarà disposto ad aiutarlo.

Il papà, che istintivamente ha saputo leggere il linguaggio non verbale del figlio, non ha, invece, compreso ciò di cui il bambino aveva bisogno in quel momento.

Busta  B

Il padre accoglie immediatamente la richiesta del figlio.

Lo afferra e, facendolo volare come solo un supereroe sa fare, lo fa atterrare direttamente in cima al muretto.

Mentre l’adulto è contento della sua azione da bravo genitore, il bambino lo guarda un po’ smarrito e insoddisfatto.

In questo caso cosa potrebbe accadere poi?

Premettendo che le intenzioni dei genitori verso i figli sono positive e che ciò che fanno lo fanno perché sono convinti che sia la cosa migliore per loro, non sempre, però, i risultati sono quelli sperati. In questa seconda possibilità, infatti, l’adulto, mosso dalla volontà di soddisfare subito la richiesta del figlio, gli ha tolto l’opportunità di conquistare a piccoli passi la vetta.

Busta C

Il padre restituisce al figlio uno sguardo e un sorriso complici. Gli dice che è con lui in questa avventura, che si metterà al suo fianco e che sarà lì a tenerlo se dovesse averne bisogno.

Il bambino inizia, quindi, la sua scalata. Fatica. Suda. Sale. Scivola e il papà, con una mano, lo supporta e poi, quando sente che il piccolo può farcela di nuovo da solo, la toglie. In questo modo il bambino arriva in cima. Sgrana gli occhi, sorride, urla di felicità.

Le conseguenze?

Queste sono le esperienze che permettono di crescere.

Il bambino è supportato dall’adulto, che sa essere una figura di riferimento positiva e migliora nel suo ruolo stando accanto al figlio.

Forse ora ti starai chiedendo quale tra le situazioni elencate sia realmente accaduta.

A te cosa servirebbe per scalare il tuo muro?

Quella che ti abbiamo descritto non vuole essere una “lezione di vita” (ci teniamo a sottolinearlo).

Essa è, piuttosto, una dimostrazione di quanto si può imparare osservando e ascoltando ciò che succede attorno a noi, così da poter arricchire le nostre abilità e migliorare le nostre competenze nelle relazioni con gli altri.

Non camminare davanti a me, potrei seguirti. Non camminare dietro di me, potrei non esserti guida. Cammina al mio fianco e insieme troveremo la via.

A. Camus