CAPITOLO 1 – ALLA RICONQUISTA DEL CONTATTO VISIVO E DELLA CAPACITÀ DI OSSERVARE
Quanto può essere importante guardarsi negli occhi?
Fondamentale, rispondono gli autori di questo libro.
Il contatto visivo è in grado di scatenare emozioni, che incideranno in maniera indelebile sul processo di apprendimento di un individuo: connettersi in modo corretto con l’altro da sé significa muovere emozioni positive, che accompagnano l’apprendimento.
In questo primo capitolo viene anche spiegata la Joint Attention, ossia quando un soggetto guarda un altro soggetto e poi gli restituisce lo sguardo.
Per garantire l’attenzione congiunta, servono due abilità: la capacità di seguire lo sguardo degli occhi ed la capacità di individuare l’intenzione. Attraverso questo tipo di scambi comunicativi, la persona in crescita acquisisce capacità linguistiche, comunicative e sociali.
All’interno dell’ambito educativo è fondamentale capire quale sia il modo giusto di interagire con gli studenti, conoscere il codice del corpo, per poter entrare in una relazione educativa profonda ed incidere in modo significativo le memorie riguardanti i processi di apprendimento.
In questo primo capitolo viene anche spiegato il Progetto “B612”, coordinato dalla professoressa Lucangeli e da Patrizia Granata. Esso riguarda la proposta di un modello educativo ripensato a livello affettivo, emotivo e relazionale per i bambini 0-6.
Per gli autori è fondamentale sottolineare come la formazione di genitori e insegnanti sia strettamente legata dall’essere ostacolo o facilitatore del percorso di colui che apprende: “chi aiuta il bambino cambia il suo potenziale di sviluppo: per farlo è fondamentale comprendere cosa significa ‘aiutare’ e come si aiuta” (D. Lucangeli, L. Vullo).
Ciò che si vuole evidenziare, al di là della messa in luce della letteratura scientifica, è l’eccezionalità di un approccio empatico-relazionale positivo. Se vogliamo aiutare i bambini a sviluppare al meglio il loro potenziale e a rendere il loro percorso formativo sereno ed efficace, dobbiamo disattivare le emozioni negative, creare situazioni costruttive, incoraggiando emozioni positive.
Come fare?
Riconosciamo innanzitutto ai bambini il diritto all’errore; in secondo luogo stabiliamo un rapporto di fiducia; impariamo ad essere un genitore/docente alleato con il bambino contro l’errore.
Tornare a guardare gli alunni/i figli negli occhi, stabilire un contatto visivo profondo permette, quindi, di legare le emozioni che producono benessere alle informazioni che si fissano nelle memorie permanenti.
Al termine del capitolo ci sono quattro problemi con tre “semplici” esercizi da fare per poterli risolvere.
CAPITOLO 2 – RIEDUCHIAMOCI ALL’ASCOLTO
In questo secondo capitolo viene “sviscerato” il mistero della comunicazione.
La comunicazione non è un semplice passaggio di informazioni da un emittente ad un ricevente, ma è una vera e propria interazione tra soggetti diversi, che presume anche una certa cooperazione tra essi.
Un elemento fondamentale del processo comunicativo è l’ascolto. Esso è “l’arte di sentire con attenzione, di prestare orecchio con interesse a quello che qualcuno ci dice e a tutto ciò che ci circonda” (D. Lucangeli, L. Vullo).
Lo stile comunicativo, ossia il come una persona comunica, rivela molti aspetti del comunicatore stesso: l’energia che impiega, la sua forma fisica, l’importanza che attribuisce a ciò che sta comunicando.
La comunicazione interpersonale è costituita da una relazione costante ed influente tra gli interlocutori e comprende la comunicazione verbale, la non verbale e la paraverbale.
Gli autori evidenziano come un buon insegnante sia attento e ricettivo rispetto ai segnali che l’ambiente scolastico emette. Riuscire a “leggere” il clima di classe significa comprendere i bisogni e aiutare gli studenti, trasmettendo al contempo entusiasmo per il proprio lavoro.
Esistono delle strategie che si possono apprende ed allenare: usandole si può essere ascoltatori efficaci, conoscitori del proprio interlocutore (attenzione agli “shock culturali”), rispettosi dei tempi e dei momenti di silenzio altrui, attenti nel chiedere spiegazioni se non si è sicuri di aver compreso bene e riepilogare il messaggio seguendo una sequenza di punti-chiave.
Al termine di questo capitolo ci sono due problemi con due tipologie di soluzioni.
CAPITOLO 3 – LA VOCE È IL NOSTRO MERAVIGLIOSO STRUMENTO MUSICALE
Qualsiasi persona che lavori nel campo educativo dovrebbe essere consapevole che usare in modo corretto la propria voce, sapendola modulare, determina la riuscita di una conversazione oltre che consolidare la fiducia e la sicurezza in ciò che si ha da dire e rafforzare l’autostima.
Un elemento fondante di una comunicazione efficace è l’attenzione al tono di voce. Se si parla usando un monotono, ad esempio, sicuramente si otterranno una noia mortale e uno stato insonnolito da parte di chi ascolta. Il tono di voce trasmette il tipo di relazione che si vuole instaurare oltre che l’interesse, la motivazione e le emozioni di chi sta parlando: dare vivacità e colore al discorso sarà sicuramente una carta vincente per la riuscita comunicativa.
Molto di ciò che comunichiamo arriva all’interlocutore attraverso la sfera paraverbale. La comunicazione paraverbale, infatti, attraverso toni e ritmi, permette di veicolare e di “significare” il messaggio.
All’interno delle scienze della comunicazione, la comunicazione intersoggettiva è caratterizzata da quattro elementi: il sistema paralinguistico, il sistema cinesico, la prossemica e l’aptica.
Il sistema paralinguistico, in particolare, è l’insieme dei suoni emessi nella comunicazione verbale ed è composto da tono, frequenza, ritmo e silenzio.
Per riuscire ad emettere la voce e pronunciare correttamente le parole vi sono organi ed apparati che si coordinano in un atto davvero complesso: le labbra, le arcate dentarie, i denti, il palato, la laringe, i polmoni, i centri nervosi, i muscoli, le corde vocali e così via. Conoscendo la complessità con cui si produce la nostra voce, “dovremmo lavorare per avere una voce che sorride al mondo” anziché sprecarla.
Unire, poi, il sorriso all’emissione vocale abbatte le distanze e lega emotivamente gli interlocutori: la potenza della voce sorridente è fondamentale nei rapporti affettivi/formativi con le persone in crescita.
Essere dei buoni comunicatori, nella professione docente e genitoriale, significa ascoltarsi e comprendere se il ritmo con cui si parla è facile da seguire o meno, se è carico di emozioni positive o magari di nervosismo. Se si è nel momento del “fiume in piena”, per poter rallentare il ritmo sarà sufficiente prendersi un istante per fare cinque/sei respiri profondi ed inserire delle pause di silenzio all’interno del discorso. Questo permetterà agli studenti/ai figli di rimanere attenti ed assimilare le informazioni, mentre chi comunica non perderà il controllo della situazione.
Al termine di questo terzo capitolo ci sono tre problemi con sei esercizi che potrebbero risolverli.
CAPITOLO 4 – IL POTERE MAGICO DELLE MANI
Le mani “dicono”, esse sono un eccezionale mezzo di espressione che aiuta la parola, a volte la sostituisce, altre volte ancora la contraddice.
Chi nasce e cresce in Italia è avvantaggiato nell’apprendimento di una gestualità davvero ricca e significativa. Molti gesti che facciamo spontaneamente nella vita quotidiana li abbiamo imparati dal contesto sociale a cui apparteniamo.
La gestualità simbolica, ossia il significato condiviso che hanno alcuni gesti in una determinata cultura, è immediata, conduttrice di un significato ben preciso, spesso più convincente delle parole. Si deduce che è necessario ripensare la comunicazione con le persone in crescita, mettendo in pratica tecniche e modalità comunicative che attirino la loro attenzione e che permettano di entrare in empatia.
Usare le mani diviene strumento comunicativo indispensabile fin dai nostri primi momenti di vita; esso è preparatorio allo sviluppo comunicativo e del linguaggio.
Diverse ricerche hanno evidenziato come le capacità motorie precedano ed influenzino lo sviluppo linguistico e come, nei primi anni di vita, ci sia una “profonda continuità tra gesti comunicativi e comparsa delle parole” (D. Lucangeli, L. Vullo).
Il movimento delle mani è accompagnato anche da altre parti del corpo (spalle, braccia, viso, etc.), tanto che studi recenti sulla comunicazione rivelano l’importanza della coerenza tra i vari gesti e le parole emesse. La congruenza tra segnali del corpo e le parole offrono a colui che parla autenticità e credibilità: doti essenziali per un leader, una persona carismatica, un educatore.
Al termine di questo terzo capitolo ci sono tre problemi con altrettanti esercizi che potrebbero risolverli.